Sunday, October 31, 2010

Commento sul commento di Anonimo nel blog di P. Maccallini et alia

From: angelo gualtieri
Date: October 21, 2010 9:03:34 AM EDT
To: pietro maccallini
Subject: Re: Considerare

Caro Pietro:

Anch'io sono d'accordo con il commento di Anonimo (non conosco Beccaria--eccetto il suo famosissimo progenitore---e non riconoscerei il suo stile).
Ma io intravedo anche una critica indiretta al tuo impostamento del problema.  Infatti, quando si parla di illogicita` della lingua, normalmente si vuol dire che essa non segue la logica che tradizionalmente era una branca della filosofia.  La lingua ha una logica sui generis, nel senso che ogni etimo e` una specie di metafora, e 'tramontare' e` una metafora implicita, che col passar del tempo, principalmente con il processo di generalizzazione, acquista significati limitrofi, come l'espressione 'in gamba', che nulla ha che vedere con questa o quella gamba;  eppure, all'origine, aveva a che fare con qualche gamba.  Cio` che mi indica che Anonimo abbia voluto darti un indizio della sua critica, senza far riferimento al tuo articolo, e` la sua conclusione manzoniana "a buon intenditor..."

Stammi bene.
Angelo
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On 2010-10-21, at 4:29 AM, pietro maccallini wrote:
Caro Angelo,
 
ho aggiunto un altro articoletto sul verbo tramontare al blog e ho avuto la sorpresa di un breve commento di anonimo, dietro cui si nasconde quasi sicuramente l'illustre linguista e critico letterario Gian Luigi Beccaria.  Avevo letto il suo nuovo libro Il mare in un imbuto  e gli avevo chiesto, tramite email, un parere sull'articolo Guaglione presente nel mio blog, dato che lui aveva data, senza spiegarla, una etimologia del nome.  Mi ha risposto ringraziandomi della mia fedele lettura delle sue opere aggiungendo che andava a vedere Guaglione.  Poi, però, non s'era fatto più vivo.  Quando ho scritto il nuovo articolo effettivamente, tra le righe, volevo un po' criticare la sua posizione sulle illogicità della lingua ma mi sono limitato a riferire il fatterello che lui citava riguardo a tramontare, lasciando intravedere una sua certa ignoranza dei fenomeni interessantissimi che stanno spesso dietro di esse.  Lui, che evidentemente segue il mio blog, ha fatto subito il commento a cui ho risposto.  Che si tratti di lui me lo dice il fatto che il suo libro è freschissimo di stampa, e quindi pochi lo avranno letto, e che lo stile è proprio quello suo.   Questi luminari hanno quasi paura di commentarmi, come se per loro fosse un abbassamento far vedere agli altri colleghi di dare ascolto ad un irregolare  come me.  Scommetto che sono tutti lì a leggere il mio blog.  Tu che ne pensi?  Ciao. Pietro   
 
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Etimo di it."tramontare", spagn. "tramontar"
Nel suo ultimo libro Il mare in un imbuto Gian Luigi Beccaria, l’illustre linguista, a proposito della illogicità di molte parole della lingua riporta il caso di una signora «di spirito, ma di proposte bislacche» la quale così gli scrive:«Io vivo al mare, non ho davanti a me le montagne, allora mi dica come mai il sole quando scompare all’orizzonte deve proprio tramontare; io penso che quando scompare in un orizzonte marino, tramara».
Riflettendo su queste illogicità a me pare che il problema che esse pongono non possa essere sempre risolto con facilità. In questo caso si penserà che il verbo "tramontare" sia nato in località circondate ad occidente da monti o colline dietro le quali il sole va a ‘coricarsi’, e che poi esso si sia diffuso dappertutto; ma lì dove, verso occidente, si estendeva il mare, il termine avrebbe trovato qualche difficoltà ad affermarsi anche perchè in quei luoghi era probabile che si usassero verbi come ‘cadere’, ‘calare’, ‘coricarsi’, ‘immergersi’ ecc. che non producevano nessuna discrasia con il fenomeno da rappresentare. In effetti non è così piano, a mio avviso, che questo verbo debba intendersi come un ‘(andare) oltre i monti’ perchè in Abruzzo esistono voci come trabballà, travallà, sballà (cfr. il Vocabolario Abruzzese di Domenico Bielli, Adelmo Polla editore, Cerchio-Aq, 2004), tutte col significato di ‘tramontare’ che potrebbero indurre a credere che il significato originario fosse stato quello di ‘(andare) oltre la valle’. E allora come la mettiamo? La voce trabballà, forse anche per influsso dell’it. traballare, significa anche ‘dondolarsi, dimenare la persona’. Sballà o sballì nel mio paese significava ‘scomparire’, detto di persona che, camminando lungo una strada, ad un certo punto usciva fuori del campo visivo perchè magari aveva imboccato una curva o si era talmente allontanato da non essere più visibile.
Io non so se, per l’it. ballare sia corretto richiamare il gr. bállein ‘gettare, scuotere’, come solitamente si fa, o se non sia da preferire il ted. wallen ‘ondeggiare, fluttuare’, ted. Waller ‘pellegrino’. Quest’ultima voce ci fa capire, infatti, che il significato originario della radice wall- doveva pendere per quello di ‘muoversi, andare, camminare’, significato che andrebbe a pennello per quello di ‘tramontare’ nel senso di ‘sparire, perdersi, andare (oltre il campo visivo)’ o semplicemente in quello di ‘andare’, considerando il prefisso tra-, non derivante direttamente dal lat. trans ‘oltre, attraverso’, ma come componente di un verbo tautologico prelatino il cui significato doveva essere ‘penetrare, entrare’ e quindi ‘immergersi, tramontare’ come nel gr. dú-ein ‘penetrare, immergersi, tramontare’: ora, mi sembra evidente che qui l’ immergersi non debba alludere per forza al mare nel quale, in località ad esso prossime, sembra tuffarsi il sole al tramonto, ma che possa essere inteso nel senso di ‘calare, sprofondare (sotto la linea dell’orizzonte, indipendentemente dalla presenza di monti o mari)’ e simili.
Tornando ora al nostro tra-montare, penso che anche in questo caso si debba riportare la voce alla preistoria in cui essa, lontana dai significati attuali specializzati delle sue due componenti che ci parlano di ‘monti oltrepassati’, poteva trarre linfa vitale dalla sua radice abbastanza attiva in latino col significato fondamentale di ‘sporgersi’ (cfr. lat. e-min-ere ’sporgere, sovrastare; lat. in-min-ere ‘pendere sopra, sovrastare’, pro-min-ere ‘sporgere, procedere, avanzare’), molto vicino ad un ‘tendere, spingersi, sprofondare (sotto la linea dell’orizzonte)’. Il lat. trans-min-ere 'trapassare' sembra pronto a partorire un clone del tipo *tra-mont-are come pro-min-ere 'sporgere avanti, su' ha prodotto pro-mont-orium, pro-munt-urium 'promontorio'.
Se poi si riflette sul significato di gr. dia-ball-ein che, in senso assoluto, vale 'passare' dovremmo capire che tra questa radice del verbo ball-ein 'gettare' e quella di ted. Wall-er 'pellegrino' potrebbe forse non esserci differenza alcuna. E c'è da scommettere che i molti Passi del Diavolo e Ponti del Diavolo in toponomastica siano da riportare ad un termine con questo significato di 'passaggio', non immediatamente visibile però nel gr. dia-bolos 'calunniatore' che pur appartiene alla stessa famiglia.
Singolare poi mi sembra il ricorrere del toponimo Tre-monti (con varianti) che indica paesi presso gole o passaggi, o semplicemente gole, come Gole Tremonti (ma anche Tramonte) vicino Popoli-Pe, Gole di Tramonti, vicino Maiori-Sa, Gole di Tremonti nel Cilento, Valico Tre Monti presso Brisighella-Ra . Si deve aggiungere anche il paesino di Tremonti di Tagliacozzo-Aq, vicino ad un antico passo montano. L'idea di "gola" è molto simile a quella di "passaggio", e così si ritorna al movimento insito nel verbo tramontare. Le Gole Tremonti presso Popoli-Pe, mettendo in comunicazione due zone climatiche diverse, sono spesso percorse da correnti d'aria. Curioso il detto, riportato dal vocabolario del Bielli, Quande Tramònte sta senza vénte, lu diavele sta senza dénte. A mio parere il diavolo qui viene tratto in ballo, non perchè parto della libera e sbrigliata fantasia popolare, ma perchè in epoca imprecisata della preistoria esso doveva essere stato, come ho supposto più sopra per questo termine, l'appellativo geografico delle gole (accompagnante il nome proprio Tramonte ). E sarà rimasto in uso fino a quando non è stato costretto a cedere le armi al lat. gula(m) 'gola'.
Anche l'abruzzese tra-bballà, tra-vallà credo che non debba essere lasciato tutto solo. Se esso significa anche 'dondolarsi, dimenare la persona' , in sostanza un 'agitarsi, muoversi', non sarebbe un delitto accostarlo al fr. tra-vail 'lavoro, fatica,tormento' nonchè all'ingl. to tra-vel 'viaggiare, muoversi, spostarsi, passare, dial. andare a piedi (cfr. il sopra citato ted. Wall-er 'pellegrino)'. Dimenticavo di far notare che, sempre nel Vocabolario Abruzzese di cui sopra, la voce trabballe presenta i significati di 'tratto, crollo. Tracollo della bilancia' facendo così capire che il concetto di 'tramontare', assunto dai relativi verbi abruzzesi, scaturisce direttamente dal concetto di 'crollare, precipitare, cadere, abbassarsi' ricavabile agevolissimamente dalla voce suddetta.

2 commenti:

Anonimo ha detto...
L'illogicita`, in questo caso, e` tutta dalla parte della signora, che vorrebbe far "tramarare" il sole. La povera donna non puo` capire che un'espressione sintetica, come "tramontare", non puo` essere risuscitata con un traslato analitico. A buon intenditor...Lei m'intende.

20 OTTOBRE 2010 02:44
Pietro Maccallini ha detto...
Sottoscrivo in pieno la sua osservazione, ma nell'articoletto mi pongo il problema se le normali illogicità della lingua siano sempre genuine o non possano talora nascondere fatti che, se ben studiati, possono gettare molta luce nuova sul fenomeno in questione. Grazie molte per la sua osservazione.


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From: agualtieri@bell.net
To: macpeter43@hotmail.it
Subject: RE: Considerare
Date: Tue, 19 Oct 2010 20:21:16 -0400

Caro Pietro:
 
Io, invece, intravedo una parentela piuttosto stretta tra il desiderio e le stelle, nel modo come io la intendo.  Anche il significato che ne da il Galimberti non e` fuori luogo; e potrebbe anche rientrare nell’ambito dell’analogia del navigante. E` da tener presente che il nome astratto non precede quasi mai il verbo: ‘desiderare’ genera ‘desiderio”.  Il Galimberti avrebbe difficolta` a spiegare l’origine del verbo in questo caso.  Ma dove vai a pescare ‘fissare’ nell’etimo ‘assiderare’?  Il nesso che ne ricavi tu mi sembra troppo arbitrario.  Il tedesco stern, per via di regola non potrebbe derivare da ‘s(i)der’ con la scomparsa della vocale, perche` essa e` in posizione tonica.  E se cio` fosse avvenuto, la /s/ sarebbe passata da muta a sonora, sotto l’influsso della dentale sonora /d/; il che, se non erro, non lo e` nel tedesco stern.
 
Stammi bene.
 
Angelo

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From: pietro maccallini [mailto:macpeter43@hotmail.it]
Sent: Tuesday, October 19, 2010 9:41 AM
To: agualtieri@bell.net
Subject: RE: Considerare
 
Caro Angelo, purtroppo io non riesco a trarre la condizione del 'desiderio' da quella dell'osservare o non osservare le stelle': a questo punto mi sembra più praticabile l'idea del filosofo Galimberti che fa scendere direttamente dalle stelle (de sideribus) il desiderio di qualcosa. 
 
Ecco, io credo che il 'fissare' come forma del 'tendersi ed irrigidirsi' sia all'origine di questi verbi.  La radice di ted. Stern è a mio avviso la stessa di lat. stern-ere o anche di sternu-ere 'starnutire' (come espressione o esplosione di una tensione): a Cappadocia gli starnuzzi  sono le 'scintille del fuoco'. Ciao. Pietro

 
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From: agualtieri@bell.net
To: macpeter43@hotmail.it
Subject: RE: Considerare
Date: Tue, 19 Oct 2010 08:28:58 -0400
Caro Pietro:
 
Anche “assiderare’ potrebbe avere un riferimento diretto all’osservazione delle stelle “fisse”.  Quindi, assiderare, fissare (diversamente dall’acqua che e` fluida), gelare, e, per estensione, infreddolire, abbrividire.  Quando si tratta di stelle, caro Pietro, la navigazione entra sempre in ballo, e viceversa.  Bramare e` solo un’estensione del desiderio, questo passivo, e quello attivo. Riflettici bene, e mi darai ragione.
 
Stammi bene.
Angelo
 
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From: pietro maccallini [mailto:macpeter43@hotmail.it]
Sent: Tuesday, October 19, 2010 6:48 AM
To: agualtieri@bell.net
Subject: RE: Considerare
 
Caro Angelo, è vero che non tutto il linguaggio segue una linea logica,ma resta pur sempre vero che noi dovremmo ritrovare quel percorso illogico in una maniera convincente. Senza voler del tutto demolire il tuo ragionamento a me sembra sempre che ci sia in esso l'intrusione di un 'bramare' di troppo, poco giustificabile. Illogico è il caccia-vite perchè le viti le avvita e svita e quindi sarebbe meglio dire gira-vite anche se cacciavite a comunque una sua giustificazione.  Parzialmente illogico è il verbo tramontare  perchè almeno tutti gli italiani ad ovest dell'Appennino dovrebbero vedere, chi realmente e chi idealmente,  il sole tuffarsi nel mare e avrebbero dovuto dire tramarare.  Ma il fatto è che tramontare doveva all'origine  indicare solo un 'calare'.   Ecco, le grandi assurdità logiche in una lingua si producono soprattutto quando si passa ad altro strato linguistico in cui la parola può assumere un significato completamente diverso da quello di partenza ed apparire così illogica.  E' vero che un tono ironico può completamente cambiare il significato di una parola, ma mi pare sia raro che una parola passi ad altra lingua o altro strato linguistico  nel suo senso ironico.
 
Il verbo latino con-templ-are viene spiegato come  'osservare a scopo augurale lo spazio celeste  (delimitato idealmente dall'augure col suo lituo) chiamato templum  corradicale del greco temno'io taglio' da cui deriverebbe anche il significato di 'tempio' (spazio delimitato, recinto). Nessuno pensa che quest'uso sia in realtà derivato da queste false etimologie popolari, perchè esistono radici lituane come tempti, tempyti  'estendere', per cui anche qui si può pensare al semplice e originario 'tendersi degi occhi e dell'attenzione', avvicinando la radice a quella di lat. tempto, ampliamento di teneo .  Il lat. templum ha anche il sign. di 'spazio, estensione, veduta': tutto ruota intorno al 'tendersi' come vedi.  
 
A parte desiderare e considerare c'è anche assiderare  da spiegare.  Tu come lo intendi? morire sotto gli influssi malefici delle stelle?  Saluti.  Pietro 
 
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From: agualtieri@bell.net
Subject: Re: Considerare
Date: Mon, 18 Oct 2010 21:24:56 -0400
To: macpeter43@hotmail.it

Caro pietro:
 
"Desiderare" e "considerare" si riferiscono al guardare e non guardare le stelle solo in senso analogico.  Quando il navigatore "considerava" la sua posizione in relazione alle stelle (con un calcolo preciso), la sua meta era ottenibile. Da qui nasce l'idea di "prendere in considerazione o riflettere bene su qualcosa".  Quando invece egli tentava di raggiungere la meta, il traguardo, senza tener conto della sua posizione in relazione alle stelle, era come se egli bramasse di arrivare a destinazione senza tener conto dell'arte della navigazione, per cui il tragitto si sarebbe potuto concludere in un naufragio.  COME BEN SAI, IL LINGUAGGIO NON SEGUE QUASI MAI UNA STRADA LOGICA. "Considerare" , in questo senso, non significa solo "guardare le stelle", ma anche "configurare" la posizione e direzione precisa della nave viv-a-vis le costellazioni. "Desiderare", invece, si riferirebbe, sempre analogicamente, al navigatore ignorante dell'arte del navigare, che vorrebbe attraversare il mare seguendo la direzione del suo naso, per cosi` dire, e senza far riferimento alcuno alle stelle, ma semplicemente "de-siderando".
 
"Acclamare" e "declamare" potrebbero fornire un altro esempio di significati contrari. Ad-clamare con riferimento specifico ad una persona; e de-clamare nel senso di lamentarsi senza un riferimento specifico. Non so se mi spiego. 
 
Stammi bene.
 
Angelo
 
 
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On 2010-10-18, at 9:03 AM, pietro maccallini wrote:
 
Caro Angelo, i tre linguisti che ho consultato non accennano alla navigazione.  Ma anche così mi pare di non capire l'evolversi del significato di 'desiderare', il quale dovrebbe partire da quello di 'smettere di guardare le stelle' a quello di 'bramare', con un salto semantico difficilmente colmabile.  Per questa strada si potrebbe, non so, 'smettere di guardare il mare', o qualsiasi altra cosa, passando poi a 'desiderare', ma con quale motivazione?    Saluti. Pietro   


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From: agualtieri@bell.net
Subject: Re: Considerare
Date: Mon, 18 Oct 2010 08:18:49 -0400
To: macpeter43@hotmail.it

Caro Pietro:
 
Il mio commento sugli etimi "considerare", "desiderare", ecc... e` molto semplice.  Hai dimenticato di esaminare i calcoli che, fin da tempi remoti, facevano i navigatori per rendersi conto della loro posizione sul mare.  Siccome le stelle erano considerate "fisse", la posizione delle varie costellazioni indicava, con sicurezza, la posizione del navigante rispetto ad esse.  In questo senso, "considerare" e "desiderare" sono termini contrari, per motivi ovvi.  Certamente qualche linguista di professione ha gia` spiegato cio`.  E mi sorprende che tu non l'abbia preso in "considerazione".
 
Stammi bene 
Angelo


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Blog di Pietro Maccallini:

 VENERDÌ 8 OTTOBRE 2010

Considerare, desiderare, assiderare
L’etimologia che va per la maggiore per questi verbi è incentrata sulla parola latina sidus ‘stella, costellazione, stagione’ d’origine sconosciuta. A favore di questa interpretazione milita il fatto che i latini (e non solo) erano soliti osservare le stelle a scopi augurali perchè da esse sarebbero venuti influssi vari che determinavano il destino di ogni uomo e il decorso degli eventi. E questa credenza è arrivata fino a noi se è vero che ancora oggi diciamo, ad esempio, che uno è nato sotto una buona o cattiva stella e che molti sono quelli che consultano gli oroscopi che giornali o trasmissioni televisive ci offrono in abbondanza.
Date le difficoltà che a mio avviso si presentano nel riportare al concetto di ‘stella’ il significato di questi verbi, come vedremo più sotto, io penso che il problema fondamentale sia quello di appurare in qualche modo l’etimo di lat. sidus nel cui ambito potremmo trovare un significato più naturale e adatto a spiegare i valori dei tre verbi. In altri termini io sono convinto che questi valori non debbano essere visti in connessione col significato storico di sidus ‘stella’ ma con quello della sua purtroppo ignota etimologia.
Il lat.con-sider-are ‘osservare bene, considerare, ponderare’ sarebbe composto dalla radice –sider- di lat. sidus, gen.sider-is ‘stella, costellazione’ preceduto dal prefisso intensivo con-. Il suo significato, però, non corrisponde, ad esempio, a quello del termine latino con-stell-atione(m) ‘posizione degli astri’ di simile struttura, e si presume, ma non so con quanta veridicità, che il suo significato originario sia stato quello di ‘osservare le stelle’ in base, appunto, alla pratica dell’osservazione di esse ad uso augurale o semplicemente astronomico, ma se così fosse ci sarebbe un’intrusione del concetto di ‘osservare, guardare’ non facilmente giustificabile: il concetto di ‘stella’ dovrebbe a mio avviso comportare naturalmente quello di ‘brillare’ o anche quello di it. co-stell-are ‘diffondere, disseminare (come se sitrattasse di stelle sparse nel cielo)’. Gli aggettivi latini stell-ante(m) ’stellato, scintillante’ e stell-atu(m) ‘stellato, fulgente’ possono far supporre l’esistenza di un verbo, inusitato in latino, come *stell-are dal medesimo significato fondamentale: come si vede, però, non si va oltre l’idea della ‘luce’ o, al massimo, della ‘forma’ o 'disposizione' delle stelle.
Il lat. de-sider-are ‘desiderare, sentire la mancanza’, poi, costringe gli etimologi a contorsionismi notevoli nel tentativo di spiegarlo facendo perno sul significato di ‘stella’. C’è chi dà al prefisso de- un valore intensivo ottenendo un significato del verbo simile a quello di con-sider-are, nel senso di ‘guardare attentamente (o cupidamente) le stelle e, quindi, ‘fissare cupidamente qualcosa, bramare’, e c’è chi dà ad esso un valore di allontanamento, distacco, ottenendo il significato di ‘cessare di osservare le stelle a scopo augurale’ e, quindi, trovarsi nella condizione di chi non può fare altro che ‘desiderare, bramare’ qualcosa di cui si sente la mancanza. Sinceramente il significato qui mi sembra tirato proprio con le tenaglie, oltre a riproporre l’indebita intrusione del concetto di ‘guardare, fissare’. Perchè, poi, si cesserebbe di guardare le stelle? per mancanza talora di segni augurali, per cui si resterebbe a bocca asciutta a desiderare i preavvertimenti, i presagi, gli omina riguardanti il fatto, l’oggetto agognato? e da questa condizione piuttosto insolita si sarebbe prontamente forgiato il verbo in questione? Ma per carità!!! Più che a sobrio e serio lavoro etimologico qui si dà vita ad un’orgia, starei per dire, di ipotesi che nulla hanno a che fare con un approccio realistico al problema. Intendiamoci, supposizioni si possono e si debbono fare, ma che siano semplici, dirette, non pletoriche, tortuose, altamente improbabili. O forse bisogna dar retta alla proposta del filosofo Umberto Galimberti che, come riferisce qualcuno in internet, presume di trovare l’etimo della parola da un passo del De bello Gallico di Cesare in cui, dopo una giornata di battaglia, i soldati che si attardavano la notte sotto le stelle ad attendere il ritorno dei compagni dispersi, vengono chiamati desiderantes? A mio parere saremo condannati in eterno a rigirarci in preda alle smanie nel letto dei pii desideri, se non troviamo una strada diversa da quella incentrata sul termine latino sidus col suo significato di 'stella'.
Ed ora passiamo al verbo italiano as-sider-are, as-sider-arsi, che è fatto derivare da un latino parlato *ad-sider-are: le stelle, con i loro influssi malefici emessi durante una notte serena e gelida, riappaiono anche qui. Qualcuno pensa al significato di ‘stagione’ che talora sidus assume, e in particolare alla ‘stagione fredda’ che fa intirizzire le membra fino a causare la morte del corpo, se non si corre ai ripari. Ma, anche così, non ci spostiamo di un millimetro dall’ombra uggiosa della fatidica e funesta parola: sidus!
Con questa fissazione in testa potremmo scoprire lo stesso rapporto con le stelle anche nel termine tedesco er-starr-en ‘irrigidirsi, intirizzirsi, far gelare, rendere rigido’ se lo si accostasse all’ingl. star ‘stella’, ted. Stern ‘stella’. Ma in realtà esso richiama una radice molto diffusa, in varie gradazioni apofoniche, come nel ted. starr ’rigido’, ted. stier ‘fisso, immobile (dello sguardo)’, ted. stur ‘rigido, fisso, ostinato’, ingl. to stare ‘guardare fisso’, gr. stereós ‘solido, rigido, fermo’ . Se si vuole, anche l’igl. to starve ‘morire di fame o (arcaico) freddo’, il ted. sterben ‘morire’ avrebbero potuto suscitare l’idea di una dipendenza, non dalla radice precedente, ma dagli influssi maligni delle stelle, data la coincidenza in queste lingue germaniche delle radici per ‘stella’ e per ‘rigidità’. Il fatto che in latino non si incontrano radici per ‘rigidità’ simili a quella di sidus, gen. sideris ‘stella’ non può essere considerato una prova che la radice dei tre verbi in epigrafe debba essere necessariamente la stessa di quella sconosciuta di sidus,col significato di ‘stella’. Non è una cosa affatto rara che alcune radici sopravvivano solo in alcuni termini tra tutti quelli che si potevano incontrare in una fase precedente della lingua.
A questo punto, a mio parere, conviene spiegare perchè si hanno queste coincidenze fra i due concetti di ‘rigidezza’ e di ‘stella’, apparentemente estranei l’uno all’altro. La stella agli occhi dell’uomo preistorico non può essere apparsa che come una luce, una fiammella tremolante nell’oscurità della notte, attingendo così al concetto primordiale di 'forza, emanazione, tensione' e venendo a coincidere col concetto di 'forza, tensione' che sta dietro a quello di rigidità. I termini lat. stella (da precedente *stelna ‘stella’), ted. Stern ‘stella’, ingl. star ‘stella’ si possono ricondurre ad una radice indoeuropea ster ‘spargere’, concetto affine a quello di ‘stendere, tendere’. Sicchè si può fare riferimento anche al lat. stern-ere ‘stendere, spargere, spianare, ecc.’ anche perchè io non condivido l’opinione comune che le forme Stern, star, stella siano derivate dal gr. (a)-ster ‘astro, stella’ mediante caduta della presunta vocale prostetica –a-. Si incontrano in greco termini come tér-as ‘astro, stella’, teírea da teír-e(s)a ‘astri’ che fanno pensare a termini formati attraverso l'inversione delle due componenti di as-ter: la –a- iniziale della parola non sarebbe così una comoda vocale prostetica, ma parte integrante di una radice as,os, us col valore di ‘luce, fuoco’ di cui si hanno diversi riscontri. L’altra componente –ter credo possa essere accostata,ad esempio, al lat. torr-ere ’essere ardente’ e al nome della dea buddista Tara dal significato di ‘stella’.
Se ora riflettiamo un po’ sulla radice sopra citata ster ‘spargere’ comparandola con quella di sidus, gen. sider-is ci accorgiamo che basta spostare l’accento di questa parola dalla terzultima alla penultima per ottenere un termine molto simile a ted. Stern ‘stella’, con caduta della vocale –i- protonica, e cioè s(i)dèr il quale, subendo il normale assordimento della dentale sonora –d- darebbe in germanico esattamente la forma ster, variante di ingl. star ‘stella’ e di sscr. strī ‘spargere’: il che mi fa concludere che la presunta oscurità dell’etimo della radice di lat. sidus 'stella’ è dovuta alla nostra insufficiente perspicacia che ci impedisce di scorgere in Stern una semplice variante di sidus, gen. sideris da non collegare con gr. as-tér. Il rotacismo del gen. sider-is rispetto al nomin. sidus non è dovuto, come ho sostenuto altrove per altri casi, ad un fenomeno di trasformazione ma di sostituzione di forme diverse preesistenti.
Una volta convinti di quanto sopra, diventa estremamente semplice interpretare i verbi in epigrafe come derivanti dalla radice –sider- con valore di ‘tensione, estensione, spargimento, ecc.’. In effetti il con-sider-are può essere letto come un ‘rivolgere l'attenzione, l’intenzione a qualcosa’, il de-sider-are si chiarirebbe come un ‘tendere verso qualcosa, bramarla’ o come ‘studiarla, esaminarla, ricercarla (significato attestato nei classici, che richiama in sostanza il precedente considerare)’ con il prefisso de- probabilmente intensivo, senza tutti quei contorcimenti mentali di cui abbiamo parlato sopra, e infine l’as-sider-are, as-sider-arsi dal lat.*ad-sider-are si configurerebbe semplicemente come un ‘tendersi, irrigidirsi’ tipico del rigor mortis, che interviene dopo il decesso, in specie quello causato dal freddo.
Per approfondire un po’ il discorso mi pare si possa sostenere che la radice sider potrebbe essere intesa come ampliamento della più nota radice diffusa in area indoeuropea di lat. sid-ere ‘porsi a sedere’ e lat. sed-ere ‘star seduto’, radice che all’origine doveva contenere il significato di ‘spingere, tendere, muoversi’: quanto a ‘sedere’, il movimento è diretto verso il basso. Dico questo perchè in inglese il verbo to set ‘porre, stabilire, ecc.’, che fa parte della famiglia dei precedenti verbi latini, rivela nella sua natura profonda il significato di ‘muoversi, dirigersi’ come nella frase the current sets to the north ‘la corrente si dirige verso nord’ ,e anche il significato di ‘diventare rigido, rappreso, denso’ in cui riappare quella ‘tensione’ che può in concreto tramutarsi in ‘irrigidimento,assideramento’, come abbiamo visto sopra per sider. L’it. sido (lat. sidus) ‘freddo intenso, ghiaccio’ richiama la rigidità dell’assideramento come d’altronde il lat. sideratione(m) che indica un colpo apoplettico o qualsiasi paralisi improvvisa di uomini piante e animali con un irrigidimento di organi diversi o una bruciatura di rami, foglie che indurisce la parte colpita.
L’it. strazio, con la sua pronuncia semplice della –z-, potrebbe essere l’esito di lat. s(i)d(e)ratio, nomin. del precedente sideratione(m), con la caduta delle vocali protoniche. Il lat. (di)stractio ‘tirare da una parte e dall’altra’ avrebbe dovuto produrre una pronuncia intensa della –z- come nell’it. distrazione con la -z- pronunciata come doppia.
Anche il greco può aiutarci a definire il senso della radice in questione con l’espressione pindarica sidaro-khármas (P.2,2) usata in riferimento ad un cavallo ‘esultante (-khármas) nella (o della) armatura (sidaro-)’ secondo il vocabolario del Rocci, ‘combattente col ferro’ secondo quello di Gemoll. La stessa incertezza della interpretazione ci dice che si tratta di locuzione molto antica che va intesa, a mio parere, col metodo da me elaborato della ripetizione tautologica. I due membri del composto hanno lo stesso significato e pertanto, siccome quello di khármas è noto, sidaro- (var. dorica di sidero-) non farebbe che ripeterlo. Si tratterebbe quindi di cavallo ‘esultante’ cioè ‘generoso, battagliero, focoso’. In questo caso sidero- sarebbe da avvicinare alla radice su menzionata di sidus, gen. sideris ‘stella’ ed esprimerebbe in pieno tutta la ‘tensione’, la ‘forza’, il ‘fuoco’ di cui è carica anche in latino, come abbiamo visto.
Anche l’espressione omerica (Il. XXIII, 177) relativa al ‘fuoco’ appiccato da Agamennone alla pira di Patroclo, e cioè en dè purós ménos êke sidéreon ‘e poi appiccò il fuoco, violento, indomabile’ ci aiuta a chiarire meglio la questione. Letteralmente l'espressione suona ‘appiccò la forza, furia (ménos) ferrea (sidéreon) del fuoco (purós)'. E’ chiaro che sidéreon va inteso metaforicamente come ‘duro, crudele, indomabile’ ma, anche così, resterebbe sempre in bocca il retrogusto di un paragone infelice, in cui la mobile e vivace forza del fuoco viene definita con un aggettivo relativo ad un metallo solido e duro. A me pertanto non dispiacerebbe vedere in filigrana ancora operante in questo termine la sua forza o vivace mobilità primigenia non ancora concretizzatasi nell’inerte, rigido e pesante metallo





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From: Bill Karda [mailto:billkarda@hotmail.com] 
Sent: Saturday, October 16, 2010 12:21 PM
To: 1AA - Patrick
Subject: FW: Father and Daughter
 

Such a simple explanation...even a liberal can understand!
Subject: Father and Daughter
 
A young woman was about to finish her first year of college.  Like so many others her age, she considered herself to be very liberal, and among other liberal ideals, was very much in favor of higher taxes to support more government programs, in other words redistribution of wealth.

She was deeply ashamed that her father was a rather staunch conservative, a feeling she openly expressed.  Based on the lectures that she had participated in, and the occasional chat with a professor, she felt that her father had for years harbored an evil, selfish desire to keep what he thought should be his.

One day she was challenging her father on his opposition to higher taxes on the rich and the need for more government programs.

The self-professed objectivity proclaimed by her professors had to be the truth and she indicated so to her father.  He responded by asking how she was doing in school.

Taken aback, she answered rather haughtily that she had a 4.0 GPA, and let him know that it was tough to maintain, insisting that she was taking a very difficult course load and was constantly studying, which left her no time to go out and party like other people she knew.  She didn't even have time for a boyfriend, and didn't really have many college friends because she spent all her time studying.
Her father listened and then asked, How is your friend Audrey doing?
She replied, Audrey is barely getting by.  All she takes are easy classes, she never studies and she barely has a 2.0 GPA.  She is so popular on campus; college for her is a blast.  She's always invited to all the parties and lots of times she doesn't even show up for classes because she's too hung over.

Her wise father asked his daughter, Why don't you go to the Dean's office and ask him to deduct 1.0 off your GPA and give it to your friend who only has a 2.0.  That way you will both have a 3.0 GPA and certainly that would be a fair and equal distribution of GPA. 
The daughter, visibly shocked by her father's suggestion, angrily fired back, That's a crazy idea, how would that be fair!  I've worked really hard for my grades!  I've invested a lot of time, and a lot of hard work!  Audrey has done next to nothing toward her degree.  She played while I worked my tail off!

The father slowly smiled, winked and said gently, Welcome to the conservative side of the fence.

If anyone has a better explanation of the difference between conservative and liberal or progressive or neocon I'm all ears.

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If you ever wondered what side of the fence you sit on, this is a great test!

If a conservative doesn't like guns, he doesn't buy one.
If a liberal doesn't like guns, he wants all guns outlawed.

If a conservative is a vegetarian, he doesn't eat meat.
If a liberal is a vegetarian, he wants all meat products banned for everyone.

If a conservative is homosexual, he quietly leads his life.
If a liberal is homosexual, he demands legislated respect.

If a conservative is down-and-out, he thinks about how to better his situation.
A liberal wonders who is going to take care of him.

If a conservative doesn't like a talk show host, he switches channels.
Liberals demand that those they don't like be shut down.

If a conservative is a non-believer, he doesn't go to church.
A liberal non-believer wants any mention of God and religion silenced.  (Unless it's a foreign religion, of course!)

If a conservative decides he needs health care, he goes about shopping for it, or may choose a job that provides it.
A liberal demands that the rest of us pay for his.

If a conservative reads this, he'll forward it so his friends can have a good laugh.
A liberal will delete it because he's "offended."

Well, I forwarded it to you.